Marotta Editori

Figlio (e nipote) d’arte, Concetto Pozzati ha rappresentato un ponte tra le differenti correnti della seconda metà del Novecento, dall’Informale al Surrealismo, fino alla Pop Art.

Concetto Pozzati nasce a Vo’ (in provincia di Padova) nel 1935 ma compie i primi studi a Bologna poi, nel 1955 si sposta a Parigi, per specializzarsi come grafico pubblicitario, nello studio dello zio Sepo, a sua volta artista e cartellonista di fama internazionale.

Concetto Pozzati tra la Francia e Bologna

Nella capitale francese si confronta con la temperie culturale dell’epoca e conosce alcuni artisti, tra cui Osvaldo Licini. Tonato in Italia, si trasferisce a Bologna, città a cui il suo nome è legato indissolubilmente, dove fonda la Scuola d’Arte Pubblicitaria dedicata a suo padre, l’artista Mario Pozzati.

Concetto Pozzati

Nel 1967 comincia ad insegnare all’Accademia di Belle Arti di Urbino, che in seguito dirigerà fino al 1973, quindi insegna in quelle di di Firenze, Venezia (che sarà ereditata da Emilio Vedova) e Bologna.

Concetto Pozzati

Dal 1993 al 1996 è stato assessore alla cultura al comune di Bologna. Intanto è diventato Accademico di San Luca (1995) e nel 1998 è stato nominato direttore artistico della Casa del Mantegna a Mantova. Nel corso degli anni non ha mai abbandonato l’attività di curatore di mostre, manifestazioni culturali e pubblicazioni.

Concetto Pozzati

Nel 2005 ha ricevuto il sigillo d’ateneo dell’Alma Mater Studiorum dell’Università di Bologna.

Si è spento ad 81 anni, il 1 agosto 2017, nella sua casa di Bologna, a seguito di una grave malattia.

Dall’Informale alla Pop Art

Concetto Pozzati esordisce negli anni Cinquanta con una pittura di chiara ispirazione Informale, ma ben presto vira verso la figurazione ed il confronto con il Surrealismo: i suoi “maestri ideali” Magritte e Giorgio De Chirico.

Negli anni Sessanta stringe uno stretto rapporto con la Pop Art inglese ed americana, ed è tra gli artisti presenti alla XXXII Biennale di Venezia che, nel 1964, consacra l’arte Pop americana assegnando il Leone D’Oro a Robert Rauschenberg.

Rispetto ai colleghi statunitensi, tuttavia, Concetto Pozzati non intende celebrare il processo o le merci del consumo, ma indagare il rapporto tra arte e merce. La sua interpretazione produce immagini dalla figurazione semplificata, in cui si riconoscono riferimenti colti e un sottile ironia, combinati con apparizioni metafisiche e surreali di oggetti familiari o ispirati all’arte del passato.

Ha amato molto la natura morta, che ha realizzato sempre con il suo stile inconfondibile, ma si è destreggiato anche composizioni più drammatiche come le Torture (ispirate ai fatti di Abu Ghraib) in cui il dipinto si compone di corpi degradati, teste bendate, cani urlanti e ombre armate, oppure le De-Posizioni degli anni Duemila, in cui i corpi sono “posti altrove” rispetto alla loro posizioni naturali: mani scheletriche, silohuette impiccate sullo sfondo di bande nere che simulano croci.

Oltre la Biennale

Oltre che a quella del 1964 (anno in cui è presente anche a Kassel per documenta) espone alle Biennali di Venezia degli anni 1972, 1982, 2007, 2009.

Partecipa anche ad altre importanti manifestazioni internazionali ed espone alla Biennale di Tokyo (1963), alla Biennale di Parigi (1969), a Palazzo Grassi (1974), alla Quadriennale di Roma (1974) nei Musei di Bologna e Modena (1991). Nel 1996 una sua antologica è ospitata alla Rocca Malatestiana di Fano ed a Palazzo Lazzarini a Pesaro.

Nel 2002 espone all’Art Curial Centre d’Arte Contemporain di Montecarlo e al Palazzo della Pilotta di Parma, nel 2016 a Palazzo Montanari nella sua Bologna.

Per Bolaffi ha realizzato Fiori della serie delle Carte da Gioco e Come misurare le rose in montagna.

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