Dissacrante, divertente, capace di infondere ironia e sarcasmo anche nelle opere più politicamente impegnate: è Enrico Baj. Uno dei maestri che nel Dopoguerra ha dato un nuovo volto all’arte italiana.
Nato a Milano nel 1924 da due ingegneri (la madre è stata una delle prime donne laureate al Politecnico di Milano), Baj sente la suggestione per l’arte fin da giovanissimo. Dopo gli anni della guerra ed un primo tentativo di laurearsi in medicina, si iscrive all’Accademia di Brera ed alla facoltà di Giurisprudenza, diventando avvocato.
Non abbandona però la pittura, che diventa in breve la sua attività principale. Nel 1951 fonda, insieme a Sergio Dangelo il Movimento della Pittura Nucleare. Sono gli anni della Guerra Fredda ed il riferimento ad un conflitto atomico che sembrava incombente rende il manifesto un riconoscimento – carico di angoscia e allo stesso tempo di speranza – dell’appartenenza alla contemporaneità.
Da sempre in contatto con letterati, intellettuali e artisti internazionali, negli anni ’50 Baj si interessa soprattutto a quei gruppi che tra Belgio, Olanda e Danimarca si inseriscono nella linea del surrealismo, come Surréalisme révolutionaire e CoBRA, o si ispirano a suggestioni dada e informali.
Nel 1953 fonda, con Asger Jorn il Movimento Internazionale per un Bauhaus immaginista, contrapposto al Nuovo Bauhaus di Max Bill, e sperimenta i primi collage polimaterici, con stoffa, ovatta e vetri, imprimendo una nuova direzione alla sua pittura. Appartengono a questo periodo anche le Montagne, tele su cui applica emulsioni di vernici grasse cariche di colore ed il manifesto Contro lo stile, sottoscritto da personalità quali Piero Manzoni, Arman e Yves Klein
Alla fine del decennio, Baj pubblica il Manifeste de Naples, che ha lo scopo di lanciare l’avanguardia artistica del Sud, ovvero il Gruppo 58, che riunisce, tra gli altri Lucio Del Pezzo, Luca (Luigi Castellano), Mario Persico. Appartengono a questo periodo i Generali e la Dame, serie figlie di una critica feroce e sarcastica verso il potere (in questo video, il critico Luciano Caprile racconta la loro genesi in occasione della mostra Enrico Baj, dalla materia alla figura del 2010).
Il suo interesse si concentra anche sulla meccanizzazione e disumanizzazione della società, con quadri-oggetto in cui i personaggi sono creati con i mattoncini Lego, e sculture realizzate con i pezzi del Meccano.
La sua vena dissacratoria investe anche i mostri sacri dell’avanguardia artistica, come Picasso, cui rende un feroce omaggio attraverso la parodia de Les demoiselles d’Avignon e di Guernica con i suoi ” d’après” (1969), e Seurat, cui dedica la serie Chez Seurat, in cui La grande jatte diventa il simbolo dell’immobilismo della borghesia.
Nel 1972 realizza il suo primo lavoro di denuncia civile legato alla cronaca: il collage de I funerali dell’anarchico Pinelli. Costruito con oggetti “cadenti”, come nastri, cordoni, passamanerie e fiocchi, simboleggia la caduta al suolo del ferroviere anarchico e si ispira, nel titolo, a I Funerali dell’Anarchico Galli di Carrà. Verrà esposta a Milano solo nel 2000: la sua presentazione al pubblico viene annullata per motivi di ordine pubblico, dato che era prevista nello stesso giorno in cui era stato ucciso il commissario Calabresi.
Tra le altre opere ispirate direttamente alla situazione politica figurano: Nixon Parade, che rappresenta Nixon e Kissinger alla parata del Columbus Day in chiave grottesca e kitsch, e – in anni più recenti – Berluskaiser che rappresenta la conquista del potere di Silvio Berlusconi con le elezioni del 1994.
Alla fine degli anni ’70, Baj realizza una delle sue opere più impegnative: l’Apocalisse, un collage con uno sviluppo di oltre 60 metri lineari per 4 di altezza, composto da tele dipinte con tecnica informale e sagome dipinte o intagliate in legno.
Il degrado della società contemporanea, l’asservimento alla scienza e al mito della modernità sono rappresentati attraverso un percorso ascensionale che richiama i gironi danteschi. L’opera viene rimaneggiata fino al 2003, con l’aggiunta di sagome e tele (1983) e delle storie di Gilgamesh (1999 – 2003).
La critica alla contemporaneità, alla robotizzazione dell’uomo e al consumismo è il tema degli anni ’80, mentre negli anni ’90 compaiono nella sua produzione le Maschere tribali, i Feltri ed i Totem.
L’ultimo progetto di Baj, concluso a pochi giorni dalla morte, è il Muro di Pontedera, che viene realizzato postumo con il contributo dell’architetto Alberto Bartalini (2005).
Nei cento metri del mosaico che corre lungo la linea ferroviaria della cittadina, il maestro ripone il suo testamento spirituale. Enrico Baj muore a Vergiate il 16 giugno 2003. Dal 2014, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (MART) ospita parte dell’Archivio e della biblioteca personale di Baj.
Per Bolaffi ha realizzato la copertina con il Numero 7 della serie I Numeri Arabi.
2 Commenti
Baj é stato un grande maestro e un grande amico. Da lui ho imparato moltissimo sulla pittura. Vorrei sapere di piu
Grazie per il commento. Metteremo in scaletta un articolo di approfondimento su di lui. Grazie ancora e continui a seguirci