Architetto, scenografo, costumista e fotografo: Fabrizio Clerici ha rispecchiato nella vita professionale l’ecletticità che caratterizza la sua poetica artistica. Nelle sue opere si ritrovano, infatti, grande accuratezza nel disegno e riferimenti culturali profondi e molto diversi fra loro, come la natura visionaria di Giovanni Battista Piranesi, il rigore filologico degli studi di Athanasius Kircher, la mitologia egizia, le suggestioni del romanticismo tempestoso e onirico di Caspar Davd Friedrich e Arnold Böcklin.

Fabrizio Clerici nasce a Milano nel 1913 da una famiglia dell’agiata borghesia cattolica e conservatrice. Nel 1920 si trasferisce a Roma, dove il padre è impegnato a promuovere l’opera di bonifica delle Paludi Pontine.

Nella città eterna maturano i sui primi interessi verso l’archeologia e la scultura classica. Da adolescente fa in tempo solo ad iscriversi al Regio Liceo Artistico annesso all’Accademia di Belle Arti di via Ripetta, prima che il padre, inviso al regime fascista, sia sottoposto ad una serie di processi che lo spingeranno a fuggire in Brasile e porteranno alla dissoluzione del suo nucleo familiare.

Dopo alterne vicende, si iscrive alla facoltà di Architettura di Roma ed entra in contatto con alcuni tra i più innovativi protagonisti della vita culturale in città: Gio Ponti, Salvador Dalì e Gala ed infine Alberto Savinio, con cui stringe una lunga amicizia.

Fabrizio Clerici, Un istante dopo, 1978. Fonte: ArtsLife

Allo scoppio della guerra viene arruolato come sottotenente nel genio aeronautica e viene assegnato a creare trincee. Trascorre tutto il tempo del conflitto a Milano, dove nasce il primo dipinto della serie de I Processiispirata alle vicende giudiziarie del padre, morto in esilio nel 1939.  Il quadro si intitola Il Minotauro accusa pubblicamente sua madre e viene visto, mentre è ancora incompiuto, da Salvador Dalí, che ne resta molto affascinato. A Milano frequenta Bruno Zevi, Carlo Pagani, Pietro Maria Bardi, Lina Bo, Carla Marzoli, Bruno Pontecorvo e, nel 1938, incontra Giorgio de Chirico che lo incoraggia nel disegno.

 

Fabrizio Clerici, Il Minotauro accusa pubblicamente sua madre, 1952. Fonte: ArtsLife

Fabrizio Clerici tornerà a Roma, per restarci, solo nel 1949. Pienamente inserito nella vita culturale romana, ha al suo attivo la frequentazione e spesso la collaborazione con grandi artisti, come Lucio Fontana, Tristan Tzara, Salvador Dalì, Alberto Moravia, Elsa Morante, Giorgio Strehler (che gli commissiona le scene per La vedova scaltra di Carlo Goldoni).

Negli anni ’50 viaggia in Medio Oriente, ricavandone suggestioni che convoglia nelle serie  de I miraggi e I templi dell’uovo, che rappresentano costruzioni nel deserto, che partono da un nucleo centrale in cui è contenuto “l’uovo primigenio” e si sviluppano lungo una spirale.

Fabrizio Clerici
Fabrizio Clerici, Latitudine Bocklin. Fonte: curiator.com

Non abbandona mai, però, l’interesse per la mitologia classica: dipinge frammenti immaginari di opere antiche come il Ricupero del Cavallo di Troia (1949-55) o reperti fossili a forma di spilla da balia. E si dedica con passione anche ad opere editoriali, come una edizione numerata de Il Milione di Marco Polo, con tavole e litografie originali. Nel 1977, per una edizione a limitato numero di copie, esegue le litografie per illustrare Le bestiaire di Guillaume Apollinaire.

Fabrizio Clerici - Bocklin
L’Isola dei Morti di Arnold Böcklin

Negli anni ’70 ritornano anche l’ispirazione romantica, con il ciclo di quadri ispirati alla Isola dei morti di  Böcklin, e quella legata all’Egitto, con le Variazioni tebane. Più crepuscolari appare invece, fra il 1980 e il 1981, il ciclo pittorico sul tema della violenza intitolato I corpi di Orvieto.

L’artista muore a Roma nel 1992, l’anno successivo viene costituito l’Archivio Fabrizio Clerici che, nel rispetto della sua volontà, ne tutela la memoria e l’opera

L’arte di Fabrizio Clerici

La sua pittura ha molteplici impulsi originari, ma resta sempre legata alla ricerca metafisica. La sua vena visionaria, onirica e surrealista trova espressione in una molteplicità di tecniche e mezzi espressivi, ma resta fedele alle suggestioni scatenate dalla realtà filtrata attraverso la sua personalissima visione.

Fabrizio Clerici - Ariete
Fabrizio Clerici, Ariete

Ovvero, come ha avuto modo di dichiarare: “Gli spunti che mi suggeriscono un dipinto sono ben spesso immagini vedute ed ammirate molto tempo addietro, ma rivisitate e deviate attraverso il filtro della memoria”.

Per Bolaffi ha realizzato Ariete, nella serie de I segni zodiacali, in cui l’irruento segno di fuoco, simile ad una sfinge, trova un’insolita e quasi solenne tranquillità davanti allo studio della sua stessa testa.