Joe Tilson ha vissuto tante vite: falegname e carpentiere, pilota della R.A.F., insegnante, artista di punta della Pop Art inglese. Il suo linguaggio rispecchia a pieno la sua complessità, combinando segni e simboli ancestrali con lettere, numeri, forme archetipiche e immagini evocative.

Joe tilson

Nato a Londra nel 1928, Tilson studia prima alla St. Martin’s School of Art (1949 – 1952) e quindi al Royal College of Art londinese, dove riceve, nel 1955, il Rome Prize che lo porta a vivere un anno in Italia. Qui incontra quella che sarebbe diventata sua moglie, Joslyn Morton, anch’ella studentessa di arte e allieva di Marino Marini. I due vivono prima in Sicilia (a Cefalù) e quindi a Venezia, dove si sposano nel 1956.

Gli anni Sessanta si aprono con un’intensa attività espositiva che porta Joe Tilson alla XXXII Biennale di Venezia (1964), come uno dei maggiori esponenti della Pop Art inglese. Negli stessi anni sperimenta diversi materiali e tecniche, elaborando le celebri serie Key-box e Spiral-box, ispirate ai giochi ad incastro per bambini, e le composizioni legate al tema della ziqqurat.

Joe Tilson oltre la Pop Art

Il suo linguaggio cambia radicalmente nel corso degli anni Settanta: deluso dalla direzione in cui la tecnologia e lo sviluppo industriale stanno conducendo la società, Tilson comincia a realizzare opere con materiali poveri, come pietra, corda o paglia ed a distaccarsi dalla dimensione temporale contemporanea, ispirandosi alla mitologia greca e romana ed alla filosofia neoplatonica, affrontando temi universali come i cinque sensi, i quattro elementi, i punti cardinali e combinando simboli provenienti dalle più varie culture con scale, lettere dell’alfabeto, parole, labirinti.

Tali lavori appartengono alla serie Alchera e corrispondono ad un cambiamento nella vita dell’artista, che si trasferisce con tutta la famiglia prima nel Wilthshire, poi in Italia, in una fattoria vicino Cortona.

Joe Tilson si dedica con passione anche alle arti grafiche, realizzando numerose stampe e multipli d’arte e vincendo il Grand Prix alla Biennale Internazionale della Grafica di Ljubljana nel 1997.

Nel 2014 Villa Manin celebra con una retrospettiva proprio la sua produzione grafica degli anni Sessanta.

Per Bolaffi realizza la luminosa copertina intitolata Azzurro, edita nella serie di multipli d’arte dedicata ai Colori dell’Iride.