Pittore, critico d’arte, progettista, curatore, saggista: Mario Radice ha avuto un ruolo determinante nella cultura del ‘900 ed è stato tra i primi astrattisti italiani.
Nato nel 1898 a Como, Mario Radice coltiva la passione per la pittura parallelamente alla sua formazione: dal 1912, mentre studia come perito commerciale e ragioniere, prende lezioni private dal pittore Achille Zambelli e dallo scultore Pietro Clerici e segue dei corsi organizzati dall’Istituto pro cultura popolare e da un’associazione di imbianchini e decoratori. Nel 1916 si diploma e, due anni dopo, il servizio militare e la nomina a sottotenente di artiglieria durante la Grande Guerra lo portano a Vienna, in Polonia e in Albania.
Al ritorno in Italia, dopo un periodo come impiegato contabile e un tentativo di iscriversi all’Università (abbandonata in breve tempo) comincia a lavorare come operaio in una cartiera. Grazie a questa esperienza, che gli consente di studiare a fondo i macchinari ed i processi di produzione della carta, mette a punto dei processi particolarmente vantaggiosi e progetta una macchina che ricicla l’acido solforico che brevetta ed esporta in Argentina.
Intanto non ha mai smesso di dipingere: nel 1927 esordisce come pittore partecipando alla mostra organizzata a Como per commemorare la morte di Alessandro Volta.
Gli anni ’30: Mario Radice e l’Italia
A seguito del Martedì Nero del 1929, che gli costa gran parte del suo patrimonio, torna in Italia e decide di dedicarsi completamene alla pittura.
Il Gruppo Como, avanguardia delle ricerche sull’astrattismo in Italia, nasce nel suo primo studio comasco dal sodalizio con il pittore Mario Rho ed il giovane architetto Giuseppe Terragni. Il suo scopo è un pieno rinnovamento delle arti e dell’architettura che, rifiutando lo Stile Liberty ed il Novecento, si faccia portatore di una grande apertura internazionale.
Negli anni seguenti, Radice viaggia molto in Italia e all’estero e partecipa a numerose mostre e progetti: la sala «O» di Terragni alla Mostra della rivoluzione fascista nel Palazzo delle Esposizioni a Roma (1932), la V Triennale d’arte di Milano, e, in collaborazione con l’architetto Luigi Zuccoli, la tomba di Mariella Testoni al cimitero Monumentale di Como e quella mai realizzata dell’aviatore Nino Rocco Invernizzi (entrambe del 1934), ed ancora gli interni della libreria Antonio Noseda, della cappelleria Marelli e della tappezzeria Cappi a Como (1935).
Negli stessi anni (1932) è tra i fondatori della Società editoriale e della rivista Quadrante, vicina alla galleria Il Milione (dove espone regolarmente dal 1934 in poi). L’esperienza editoriale è certamente cruciale per Radice, perché la rivista auspica una visione d’insieme di architettura e arti figurative.
La Casa del Fascio e l’adesione all’astrattismo
Nel febbraio del 1936 riceve l’incarico ufficiale al quale il suo nome è indissolubilmente legato, ovvero la decorazione delle pareti della Casa del Fascio di Como, dove realizza affreschi e bassorilievi.
Il passaggio definitivo all’Astrattismo, annunciato nel dipinto ad olio del 1933 intitolato Partita di pallone, è totale e rende questa opera fondamentale per la storia dell’arte del Novecento come primo esempio Italiano di arte astratta in un edificio pubblico.
Lontano da rigidi schematismi, il lavoro all’interno della Casa del Fascio (oggi perduto) cerca un ordine visivo da cui emergono elementi simbolici e richiami a Piet Mondrian ed al neoplasticismo olandese. Ma soprattutto realizza una interazione continua tra pittura e architettura.
Dalla seconda metà degli anni ’30 in poi consolida la sua svolta astratta ed è impegnato in numerosi progetti, dalla realizzazione Fontana di Camerlata (Milano, 1936) distrutta quindi ricostruita a Como, alla mostra di Villa Olmo (Como) di un’importante mostra di arte moderna, che riunisce – nella sezione delle opere astratte – lavori di Fontana, Licini, Prampolini, Rho, Soldati ed altri. Nel 1938 fonda il gruppo e la rivista Valori primordiali, collabora alla fondazione del MAC – Movimento Arte Concreta e aderisce al Gruppo primordiale futurista Sant’Elia. Partecipa inoltre alla Biennale di Venezia del 1942 nel padiglione del futurismo italiano, ordinato da Marinetti e alla IV Quadriennale di Roma (1943).
Alla Biennale di Venezia parteciperà regolarmente dal 1948 in poi (1950, 1952, 1954, 1956, 1958, 1966), parallelamente a numerose iniziative espositive in Italia e all’estero, come la giunta tecnica ed esecutiva della Triennale di Milano (1954), la Quadriennale di Roma del 1955 e l’antologica alla galleria Lorenzelli di Milano nel 1962.
L’eredità artistica di Mario Radice
Il suo nome è indissolubilmente legato all’arte astratta del Novecento ed alle mostre che ne hanno ricostruito le origini e lo sviluppo, come Aspetti del primo astrattismo italiano, tenuta a Monza nel 1969. Lo stesso Radice ha pubblicato, nel 1979, Memorie del primo astrattismo italiano.
Le sue opere testimoniano un astrattismo costruito su precisi rapporti geometrici tra colore e dinamismo plastico ed attraverso un accostamento armonico e sereno di forme geometriche.
Nel 1973 riceve l’Ambrogino d’oro per meriti artistici dal Comune di Milano e nel 1977 tiene una grande personale alla Promotrice di belle arti di Torino. Tra le ultime esposizioni figura una mostra antologica a villa Malpensata, a Lugano nel 1982, che riunisce più di trecento lavori.
Mario Radice muore nella sua Como il 25 luglio 1987. Molte delle sue opere sono ospitate da musei e collezioni istituzionali come il Museo del Novecento di Milano, il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Rovereto, la Pinacoteca di Palazzo Volpi a Como, la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
Il suo archivio personale, invece, è stato donato dai suoi eredi al Comune di Como, che lo conserva presso i Musei civici. Il suo critico di riferimento è Luciano Caramel.
Per Bolaffi ha realizzato il segno zodiacale del Toro.