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Con la dicitura multipli d’arte contemporanea si indicano tutte quelle opere originali realizzate in diversi esemplari. Si tratta generalmente di stampe, che vengono però ottenute mediante procedimenti molto particolari, che spesso hanno radici antiche.
Le tecniche di stampa utilizzate per realizzare multipli d’arte si dividono in: incisione in rilievo, incisione in cavo, stampa in piano, serigrafia. Tutte tranne l’ultima hanno bisogno di una matrice, che può essere dei materiali più disparati, e di un torchio che permetta di trasferire l’immagine su un altro supporto (carta, stoffa o altro) per un certo numero di volte.

Le incisioni in rilievo sono essenzialmente le xilografie e le linoleografie. Per le prime, la matrice è di legno, per le altre è di linoleum. Sono accomunate dal fatto che la matrice viene incisa in modo che le parti che devono ricevere l’inchiostro siano lasciate in rilievo.
La xilografia ha origini molto antiche: le prime stampe su carta risalgono infatti all’VIII secolo dopo Cristo. La linoleografia, invece, nasce in Austria all’inizio del Novecento ad opera del pittore Franz Cižek, che insegnava disegno a Vienna. L’invenzione del linoleum risale alla seconda metà dell’Ottocento, ma veniva usato come materiale per ricoprire i pavimenti delle case.

Per la stampa in cavo si distinguono invece: acquaforte, acquatinta, mezzatinta, bulino e puntasecca. Le prime due sono realizzate con l’ausilio di acidi, la mezzatinta con due strumenti, detti rocker e brunitoio, che servono a ricavare rispettivamente le parti scure e quelle chiare. Le stampe a bulino sono eseguite con l’omonimo arnese e quelle a puntasecca con uno strumento appuntito (spesso una punta di diamante).
Tutte sono accomunate dal fatto che le forme da stampare ovvero quelle che ricevono e trasferiscono l’inchiostro, sono incise e non a rilievo.
La stampa in piano
Per la stampa in piano la matrice non viene affatto incisa, ma i multipli vengono ricavati da disegni tracciati su superfici perfettamente piane (da cui il nome). Si tratta principalmente di litografia e stampa offset (che trova applicazione in ambito industriale), cui si può aggiungere la fotolitografia.

Per la serigrafia, infine, il processo è completamente diverso, perché i colori vengono stesi su un tessuto dalla trama finissima sospeso a pochi millimetri dalla superficie da stampare, in modo che, con una lieve pressione, essi raggiungano alcune parti e non altre. I disegni completi si ottengono con più passaggi.

Dopo questo breve excursus, sarà bene considerare che, nonostante la possibilità di utilizzare tutte queste tecniche, gli artisti contemporanei si sono spesso dedicati alla stampa in piano ed alla serigrafia. A partire da Andy Warhol, che ha fatto della riproducibilità tecnica delle proprie opere un vera e proprio tratto distintivo, al punto da realizzare serigrafie e litografie nella sua Factory.

Per il padre della Pop Art statunitense le stampe avevano quasi il valore di un feticcio, ma anche molti altri artisti si dedicarono ai multipli, spesso con grande
maestria. Come gli italiani Alighiero Boetti, Michelangelo Pistoletto, Enrico Baj, Pietro Consagra e altri. E mostri sacri come Picasso, Mirò Joseph Beuys, Robert Rauschenberg, Fernando Botero, il padre della Pop Art inglese Joe Tilson, Man Ray, Christo
Multipli d’arte contemporanea: litografia e fotolitografia
Litografia, stampa offset e fotolitografia rappresentano dei mezzi espressivi molto potenti e molto usati dagli artisti per produrre opere a tiratura limitata. I tre procedimenti si basano su un principio molto semplice ovvero l’incompatibilità tra acqua e sostanze grasse.
La stampa litografica viene inventata dall’austriaco Alois Senefelder nel 1796 e prende il nome dalla pietra (lìthos in greco) che costituisce la matrice. Tale pietra deve essere composta da carbonato di calcio, essere calcarea e porosa. Viene levigata con pomice o sabbia per poter essere disegnata con una matita grassa, quindi viene sottoposta a dei trattamenti per aumentare la porosità delle parti scoperte e fissare l’inchiostro del disegno, ed infine inumidita. Le parti disegnate respingono l’acqua, le altre invece la trattengono. La pietra viene quindi inchiostrata e posta sul torchio per effettuare la stampa.

Dato che l’inchiostro viene respinto dalle parti umide e trattenuto da quelle grasse, sul foglio di stampa sarà impresso solo quello che si trova sul disegno a matita grassa. Nel corso del tempo, la matrice di pietra è stata sostituita con una lastra di zinco.
L’offset è sostanzialmente la versione industriale della litografia, che si ottiene grazie ad apposite macchine e viene utilizzato per alte tirature (come giornali, riviste).
La fotolitografia, invece, è una sorta di evoluzione del procedimento litografico originario utilizzata spesso per mutlipli d’arte contemporanea. La differenza sostanziale riguarda le matrici che non vengono disegnate, ma ricevono l’immagine da un negativo dopo essere state trattate con una gelatina che le rende fotosensibili. Una volta messe a contatto con il negativo ed esposte alla luce, sono lavate con acqua: le parti con la gelatina la respingono.

Infine le matrici vengono inchiostrate e, come nella litografia classica, solo le parti idrorepellenti sono in grado di trattenere l’inchiostro stesso e trasferirlo sul foglio tramite una pressa.
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2 Commenti
Litografia e a maggior ragione fotolitografia richiedono l’assistenza di un tecnico per la realizzazione. Le tecniche di incisione in rilievo e in cavo permettono all’artista un rapporto diretto e genuino con la lastra. La fotolito ha il vantaggio di semplificare la realizzazione dell’opera.
Mi permetto di aggiungere che la fotolitografia ha l’ulteriore vantaggio di mantenere inalterata la qualità dell’immagine.