Il movimento e la fugacità di un’azione fissati per sempre: Vladimir Veličković.
Tra la Serbia e la Francia
Nato nel 1936 a Belgrado (all’epoca città jugoslava), Vladimir Veličkovic si laurea in Architettura della locale università. Si sposta quindi a Zagabria dove, tra il 1962 e il ’63, lavora nell’atelier del pittore croato Krsto Hegedusic.
Proprio nel 1963 esordisce con una mostra personale alla Biennale di San Paolo del Brasile. Nel 1965 riceve il Premio della Biennale di Parigi e l’anno successivo si trasferisce nella capitale francese, dove tiene una personale al Museo d’Arte Moderna della Città (1970).

Nel 1972 rappresenta la Jugoslavia alla Biennale di Venezia. Dal 1983 al 2000 insegna all’Ecole nationale supérieure des Beaux-Arts di Parigi, ma non recide mai il suo legame con la madrepatria: nel 1985 viene nominato membro della Serbian Academy of Sciences and Arts (SANU), una tra le più importanti istituzioni accademiche del paese, che annovera tra i suoi associati premi nobel e studiosi di origine serba che si siano distinti nelle scienze o nelle arti.
Nel 2005 Veličković entra a far parte dell’Academie des Beaux-Arts di Parigi, diventando uno dei 12 membri della sezione Pittura. Riceve una delle più alte onoreficenze francesi, quella di Chevalier de la Legion d’Honneur e Commandeur des Arts et Lettres.
Nel 2017, insieme ad altri artisti e intellettuali croati, serbi, bosniaci e montenegrini, firma la Declaration on the Common Language che ha lo scopo di contrastare i nazionalismi e la manipolazione politica del linguaggio nei paesi della ex-Jugoslavia.
Vladimir Vélickovic muore a Spalato nel 2019.
La poetica di Vladimir Veličkovic
Sin dai suoi esordi, Veličković dirige la sua ricerca artistica verso soggetti in movimento mentre si confrontano con situazioni drammatiche e spaventose.
Tra i suoi soggetti, oltre ad esseri umani, ricorrono spesso topi e cani, bloccati nel momento culminante dell’azione da coordinate, cifre, diagrammi di colore o misure di tempo e di spazio.
Le atrocità commesse dai nazisti nel suo paese, a cui ha assistito da bambino, si sublimano in singoli fotogrammi pittorici, in un attimo di brutalità e minaccia reso eterno.

La sua poetica evolve ulteriormente all’inizio degli anni Novanta, al principio della guerra che devasterà la penisola balcanica. Nelle sue opere compaiono insistentemente paesaggi desolati, popolati solo da corvi, fuochi, corpi straziati dagli orrori della guerra e continue allusioni simboliche alla crocifissione.
Nel corso della sua lunga vita Veličković espone in musei e gallerie internazionali e le sue opere figurano in numerose collezioni pubbliche e private, come la Tate Gallery di Londra,, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, il Centre Pompidou di Parigi, il MOMA di New York, la Fondazione Maeght di Saint-Paul-de-Vence.
Per Bolaffi ha realizzato il Fante della serie delle Carte da Gioco e Animals in motion. Dog n. 9.